Cristalli

21.11.2020

Ho impressa, nella mia mente, l'immagine personale nello scrivere. Batto ogni singola lettera con fermezza, convinzione. Pronta a celebrare un'altra digressione. Avrei piacere, prima o poi, di elaborare un percorso omogeneo, composto da una texture intrigante eppure narrativamente collegata. Non nego che, questa mia speranza, abbia in precenda provato a metterla in prassi. Tuttavia, come nel migliore dei simulatori di vita, la fantasia ha sempre e, di gran lungo, superato la realtà. Ecco la costruzione mentale che si cimenta in notti intere di scritti interminabili e avvicenti. Che facciano parte del filone saggistico o fantasy non viene specificato. Il Doppelgänger diviene celebre tramite le sue proposizioni, ripartite in mezzo migliaio di pagine. Non tanto la fama, quanto il sostentamento dato da sè. Appagante e, contestualmente, utopico, maledettamente la polvere terrestre, alzata da una forte burrasca, torna a far bruciare gli occhi dell'io-reale. Nel risveglio, le mie dita scelgono il carattere migliore per comporre le parole di pensieri frammentari in un blog, creato da circa trenta giorni. Senza sapere se, il risultato finale, arriverà mai a qualcuno esterno dalla visuale del proprio desktop. Ciononostante, l'effetto catartico è percepibile: la fuoriuscita di un'emozione, a prescindere dal medium. offre una particella di replica concreta di un'entità intangibile, eppure fortemente insita. Trovo banale partire sempre, in linea di massima, dallo stesso concetto posto in un ordine diverso rispetto ai passati resoconti del mio flusso. Che dire, ripetitia iuvant. Forse, il vero ausilio, è nei miei confronti, proprio per toccare con cura l'oggetto di speculazione a cui dedico le prossime righe. Basta che distolga lo sguardo, infatti, dalla mia stanza virtuale che, eccomi! Sono circondata da quattro mura. Spero, anche il mio lettore modello. Nel corso di questo anno terribile, la convivenza con le pareti personali è stata controversa per ciascuno, seppur le esperienze complessive si riallacciano a una forzatura legale. Un complesso di mattoni, o di tavole lignee, o di cartongesso. Insomma, quattro facciate ricoperte di qualche materiale, che sia vernice fresca o carta da parati. Psicologhe, acerrime nemiche. Parenti, Estranee. Obbligatorie. Protettrici. Non solo esse, è bene puntualizzare: loro come ospiti di una struttura ben più ampia, coperta da un tetto robusto sotto cui si stendono le nostre presenze con i relativi effetti personali. Dall'arredo essenziale al più spinto consumismo, ogni dimora è un polo museale dell'io, o di più io nello stesso nucleo. A volte, nei simulatori, spendo ore per edificare la casa dei sogni attinente a quel determinato arco di tempo. Molto meno, per quanto concerne la mia personificazione. Fa sorridermi questo dettaglio, dato che, realmente, mi comporto all'opposto. Cristalli. Scaglie di vetro accecante volano nell'oscurità, dopo aver cliccato l'interruttore. Il sole, alla fine di novembre, cala all'ora del tè, perciò l'oscurità diventa più usuale. La scansione del tempo, da qui a marzo, è denominata "solare". Fedele al moto. Climaticamente e, contestualmente ad esso, un po' meno. La precisione, talvolta, è ossimorica. Non so da dove provengano gli oggetti non identificati cui, con attenzione, schivo. Probabile, è che abbiano deciso di passare un po' di vita qua, insieme a me. Finché il loro viaggio non riparte verso una nuova destinazione. Fosse stata primavera, avrei giurato sull'arrivo delle rondini. Non ho, perciò, una spiegazione esatta dell'immagine passatami di fronte. So solo che, al ritorno della visuale, ho ritrovato l'aspetto approssimativo della mia stanza. Scarno in alcuni punti, arrabattato in altri. A dire il vero, io ne ho due, di stanze. La prima, dove ho passato la mia infanzia e l'età pre-adolescenziale, è ferma al giorno della mia migrazione verso l'altra. Una, non definisce proprio l'inquilino; l'altra, ne ospita uno oramai inesistente. La stanza dell'io-di-ieri. Potrei mettere a dormire un vecchio elenco telefonico, sotto alle coperte: più o meno, ha la stessa valenza di riportare il mio essere attuale a una spazio-temporalità conclusa. Vedo poster affissi di personaggi, spariti dalla sfera pubblica al contempo della mia partenza. Torno ad oggi: non c'è alcun riferimento epocale. Detesto le case ben arredate. O meglio, provo un misto di tristezza e invidia celata. La perfezione che trasudano merci di alto valore o, comunque, abbinate cromaticamente al mobilio ospitante, creano nella mia persona una spiacevole inadeguatezza. Il malessere è restituito, in particolare, dalla staticità del/i padrone/i di casa. Ho comprato l'immobile, l'ho arredato con tutta la passione che ho in corpo. Magari devo tuttora pagarci sopra. Perché, la mia intenzione, è vivere qui e per sempre. La sceneggiatura perenne. Un eterno posizionare il proprio corpo in un'anch'esso, eterno, ambiente, ancor contenuto, a sua volta, in un insostituibile ecosistema. La vendita è, pur sempre, permissibile. Tuttavia, è similmente assoggettabile alla compravendita del sacrificio personale fino al dato momento. Cosa spinge un uomo alla totale stabilità in un luogo? Forse è la mia storia quella che, per prima, si è opposta alla staticità. Oh, non per i rituali quotidiani. Giammai. Le attitudini, al cui termine sostituirei la doppia t con una b, sono radicate in me. Sovente, mi spaventa l'importanza attribuita all'orario adibito a ciascuna azione. Seppur, tuttavia, nello stesso comune di residenza, circostanze avverse hanno costretto il mio io-di-ieri a variare le mura domestiche numerose volte. Tanto che, ritrovatami per qualche anno nelle stesse, decisi di imprimermi in ogni centimetro quadrato. Certi cimeli, quale la tv a tubo cadotico o la console ricevuta poco dopo le mie prime espressioni verbali, stanziano nello stesso punto dal giorno della loro posa. Un santuario su misura personale, potrei definirlo. Tutt'altro trattamento per ciascun altro luogo dove la migrazione vitale è poi proseguita: ho sempre fatto in modo che il mio passaggio potesse essere cancellato nel giro di un istante. Detesto le case ben arredate, poiché richiedono una presenza stabile anche a livello d'animo. Sono un animale sociale finanche rimanga, il tutto, fuori dal mio contesto. Una scappata in centro, quattro chiacchiere. Un progetto benefico o una situazione lavorativa. Aggiungo, dalla portata di scambi d'opinione, il contesto virtuale, Sono un insieme di non-luoghi dove l'interazione comincia e finisce secondo le proprie decisionì. E, credo che decidere sia il gesto più nobile che un individuo possa riservare a se stesso. Nella decisione, intraprendo un discorso secondo il mio volere verso l'interlocutore, scelto appositamente per quel determinato frammento. Un elemento cristallizzato nell'attimo dell'enunciazione, portatore di una parte del romanzo a  cui ho deciso di affidarne la custodia. Quanti monumenti a cui non viene data la giusta importanza! Se penso che, ogni giorno e nel momento in cui pronuncio qualcosa su di me verso qualcuno, è come se scrivessi un piccolo evento nei luoghi pubblici, contestualmente rifletto sul fatto che, alcune scritture marmoree o, semplicemente toponimiche, prendono parte da una vita nella mia e io l'ho dato sempre per scontato. Nomi di personalità che hanno cambiato il destino del mio Paese e, nel lungo termine, del poter pensare ed esprimere anche questo in pubblico. Un ricordo simbolico ai caduti di guerra. Una via, una piazza, un punto di ritrovo: tutti in onore di coloro che hanno partecipato attivamente nell'ecosistema in cui risiedo e, con cui, condivido norme. Sono fatti così, i monumenti. Oggi, non utilizzo la dicitura tedesca poiché, nelle precedenti digressioni, mi sono permessa di traslarla, donandole un significato tutto mio. I monumenti sono portatori di memorie cristallizzate nella loro natura, adeguati al decoro urbano, proprio per diventare un ricordo intermittente. Non mi fermo a leggere ogni singolo nome contenuto nella lastra di marmo, eppure so per certo che si trovi nel punto X di un determinato luogo geografico. Allo stesso modo, capita che pronunci il nome di una personalità, incisa in svariati punti della nazione, al fine di creare un paragone oppure disquisendo di tutt'altra faccenda. Ecco che la memoria torna. In modo banale, sta bene. Ma è presente. Torno a ribadire quanto detesti le case ben arredate, seppur mi suscitino una leggera spinta a voler esserne il proprietario. Quel brivido è dovuto a un senso di sicurezza che non possiedo, poiché la mia persona è costantemente attenta a ciò che potrebbe proporsi. O, in qualche modo, ci spera. Gli avvenimenti spiazzanti, è vero, sono di difficile controllo, ma è nella loro natura che costringono a un'inversione radicale di rotta. Forse, sono il motore per chi non ha il coraggio di osare. Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà  ("Eskimo", Francesco Guccini), ma è pur vero che l'irriverenza conduce alla sconsideratezza (Werner Von Croy, Tomb Raider IV). Ho scelto due citazioni appartenenti a universi paralleli, che pur rispecchiano, entrambi, la mia personalità. Potrei dire che esse sono, in realtà, i miei rispettivi emisferi. Non amo la stabilità strutturale poiché implica una presenza a cui soltanto me e quella scissione biologica che, in futuro, potrebbe circondarmi, sarebbe testimone. Non predico il futuro, tantomeno il desiderio contenuto nella traiettoria a lungo termine. Il campo d'indagine resta sempre nel breve e, in virtù di ciò, la migrazione permette una parte di vissuto in edifici non posseduti, asincronicamente, protettori di passaggi vecchi e nuovi di cui le tracce sono ancora udibili. Io, tutt'al più, odo il mio io-di-ieri nella stanza senza variazione. Ma di cui, le tracce, continuano a specchiarsi solo nel mio riflesso. Nelle mura di chiunque restano cicatrici incomprensibili, graffiti a cui dare significato. Un po' come nel rileggere un monumento nella memoria collettiva presente. Sarebbe fantastico poter ridare un vissuto sine ira et studio, eppure l'interpretazione dei fatti è sempre nascosta nell'equilibrio di ciò che pronunciamo e il non detto. Il passaggio serve a fornire una testimonianza, una documentazione. E, nei passaggi, ci si arricchisce anche di ciò che, finora, non ci è appartenuto. 

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