Mentre vago per la mente

04.03.2023

Rimanere nella pertinenza di ciò che si conosce appieno, penso sia un sentimento comune ai più. Fisicamente, nelle argomentazioni. Nel vestiario, finanche alla frequentazione di individui, Parlo di individui, perché gente, mi dà l'idea, sia troppo relativo alla sfera della comunità. Un processo individuale, di conoscenza del sé e dello spazio di riferimento, parte innanzitutto dalla individualità che compone il proprio essere. E nell'essere me, individuo, richiamo il Doppelgänger in mio soccorso: fuoriesce, diviene specchio e conferma/confutazione di ciò-che-io-percepisco-di-me. Io che mi trastullo al suono dei pulsanti battenti mentre elaboro un contenuto, seppure senta la mia mente priva di esso. Sono lì, distesa sul divano di sabato sera, che batto ritmicamente i caratteri alfabetici per contrastare la noia di un sabato sera qualunque. Sprecare un fine settimana, dovrebbero insegnarlo all'asilo, equivale a non staccare le spine dai muri, a non spegnere la luce. A scaldarsi in bagno, alla mattina, seduti sul wc, con il phon in mano perché il rumore bianco rilassa. Uno spreco che sembra arrecare piacere effimero. La campana del lunedì torna a suonare: dalla presa del volante, già si immagina la meta del fine settimana. Una volta arrivato, il divano, la coperta, i suoni della tastiera. Io che penso al tempo che scorre tra la noia, la mia paranoia. Una paranoia scissa tra il ciarpame del breve tempo e un anno in più che posa ciarpame sul mio volto, sulla mia giovinezza che sento viva come la sentivo viva dieci anni fa. Il Doppelgänger, dall'alto della sua clemenza, conferma l'inapparezza di cambiamenti percepibili in quella persona, quale vorrei somigliasse alla statua di Felice Bisleri. Un noto imprenditore, fece conoscere l'acqua della mia cittadina in tutto il mondo, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Ebbene, bevo dalla fontana a lui dedicata sin dai miei primi passi. Felice è sempre ferreo, solenne, che mi scruta mentre sorseggio dall'unico zampillo cui riesco a bere senza fradiciarmi. Ecco, mi sento esattamente così. 

Un po' mi suscita tenerezza, il Doppelgänger. Lo costringo, ininterrottamente, a giudicare questi pochi scritti riportati in questa mia piccola nicchia virtuale, o meglio, a giudicarne la veridicità rispetto alla fonte mentale. Lui la conosce: forse, anche meglio di me. Io, nei momenti di solitudine, tendo spesso alla distorsione. Distorcersi con sé stessi, talvolta, risulta molto più semplice di farlo con gli altri. È una sorta di allenamento quotidiano: apre la palestra della menzogna, voglio convincere il mondo esterno che il mio essere è tendente a X anziché a Y. Ripeto la sessione verbale, qualora ce ne fosse il bisogno, accompagnata dall'azione mimica del convincimento. Questa ripetizione dura finché il corpo, nel complesso, non la senta propria. Arriva il giorno della prova generale, al cospetto della preda più semplice da abbindolare. Superato il test, si parte con l'appropriazione indebita di qualità non proprie, in una full immersion sociale alla quale, ora, il sé risulta un conversatore fluente e irresistibile. 

Non credo che l'umanità sia totalmente bugiarda. Credo sia nella natura umana giustificare ciascun muro non abbattuto, semplicemente, per negligenza. 

La negligenza può insidiarsi palesemente, folgorare, oppure spezzettarsi in minuti e secondi, lacerando le carni su cui era passata, in precedenza, l'arrendevolezza. Sono celebre, nelle mie pertinenze, per colpevolizzare grandemente il sistema economico e classista, tenendo in disparte il fattore personale. Detesto quando le persone vengono tacciate di poca ambizione, frettolosamente, senza un'accurata indagine introspettiva dall'esterno sui fattori che hanno spinto quelle persone, appunto, ad arrendersi, abbracciando l'amica inerzia. L'arrendevolezza è circondata, capita, da arrendevolezze. Mi prosto innanzi all'amore, alla famiglia, ai sentimenti più casti e apparentemente puri che ogni individuo debba provare. Le cose vere. I cardini, le normative sociali; il circuito che permette la sopravvivenza, il coperchio sopra al baratro della solitudine. Tuttavia, certi sentimenti, all'interno del luna park del destino, infinitesimamente si trovano ad autoscontrarsi senza permettere all'auto nemmeno una breve sosta. Oppure, fa notare in modo tempestivo il Doppelgänger, sono io che credo, i fattori esogeni e puri siano vittime della non accettazione di un destino che porti solo la firma in prima persona. Il mancato scontro con l'ignoto, nel breve periodo, non arreca poi fin troppo dolore. L'illusione di una realtà colma di sopravvivenza emotiva cela le aspirazioni maturate una volta entrarti e, attualmente, usciti dal tunnel adolescenziale. Arriva il quarto di secolo: l'emotività viaggia in linea retta, il treno però cambia binario. La velocità è sempre più intensa, non riesco a vedere le immagini che passano dal finestrino. Il Doppelgänger, vestito da suora, tira giù la tendina per non farmi agitare. "Stai tranquillo, è il tuo ritmo naturale, prenditi il tuo tempo." I sentimenti casti e puri, al contrario, fuggono dall'allegoria del giusto rivestendo corpi con la toga nera, ai quali è stato appena assegnato il caso delle tappe vitali. La sentenza recita che la procreazione deve avvenire prima del quarantesimo anno di età. La convivenza, dopo i trenta. A sessanta, sarebbe opportuno andare in pensione, ma una riforma ha cambiato il calcolo e quel caso non è di nostra competenza. La foresta incantata si spoglia, giorno dopo giorno, aprendo l'uscio all'arrendevolezza sempre più imminente delle norme sociali. Eppure, l'ignoto celato di dieci anni fa ha cominciato a tagliuzzare lo stomaco, a insidiarsi nella mente. La propaganza di autoregime si interrompe: è arrivata la libertà di stampa. Con l'età che matura, anche quella di espressione. E perciò decido di vestirmi da fata, nel bosco tetro, mentre gli arbusti urlano. Tolgo la giacca e infilo la gonna di pizzo, regalo venti centimetri di plastica con le mollette ai capelli, che avevo tagliato per sembrare più grande. Esteticamente regredisco, salto sopra le responsabilità, libro il mio corpo sopra al mare dei dubbi. Viaggio, nell'etere dell'illusione mentale. Restituendo la quiete, quanto necessaria, una volta giunta al terminal: il Doppelgänger si condega, i tasti smettono di scandire i caratteri alfabetici. Spengo il computer. Mi giro a sinistra e poi a destra. Mancano ventiquattro ore a lunedì. 

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