Genesi

03.11.2020

Non so bene cosa dire. O forse lo so da sempre. Ho sempre reputato, personalmente, difficile, organizzare le tante note sparse nella camera mentale, tale da costituire un unico discorso. Gli spunti riflessivi sono molteplici ed eclettici: penso al genere umano nella sua totalità, fino ad arrivare alla particolarità di ciascun individuo. Mi soffermo sul genere, interrogandomi se ce ne sia, davvero, uno differente a quello anatomico e a come ridefinire, o ancor meglio, scardinare, i tratti che negativamente creano distinzioni tra le persone. Arriva poi il momento del non-più-essere, dove immagino il corpo umano come un piccolo Big Bang: nel momento di spegnimento totale, tanta energia va disperdendosi nell'aria, ricadendo su una nuova forma di vita nonché frutto di differenti particelle invisibili. Siamo davvero prodotti unici o, sostanzialmente, tanti frammenti di nota che vanno ricomponendosi infinitamente? L'originalità più totale credo sia sostanzialmente impossibile: me ne rendo già conto nelle poche righe appena impresse, frutto di pensieri che ho acquisito da qualcuno che, a sua volta, ha preso spunto da qualcun altro. Un'enorme catena di contaminazioni che accomuna e lega ognuno, portatore di conoscenze e usanze mai, in toto, identico a colui che si trova a fianco. Forse l'uomo è unico e uguale agli altri, allo stesso tempo in vita, e immortale poiché "duplicante" di una parte di se stesso, quando il suo organismo cessa di vivere. 

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