StereoTìpi

10.11.2020

Vagamente i canoni passano all'interno dei circuiti mediali e, al contempo, la società li persegue. Talvolta, l'assuefazione prende il sopravvento, un po' per cordardia, altrimenti per paura della non-più-accettazione, questi tendono a solidificarsi nelle vite di solitudini circondate da solitudini, prendendo in prestito una frase da Milan Kundera. A dir la verità, sovente attingo al pensiero dello scrittore: relativamente al mio discorso, rifletto ora circa l'analisi dell'uomo Kitsch fornita nel suo best-seller del 1985, "L'insostenibile leggerezza dell'essere". "Dietro tutte le fedi europee, religiose e politiche", afferma, "c'è il primo capitolo della Genesi dal quale risulta che il mondo è stato creato in maniera giusta, che l'essere è buono e che è quindi giusto moltiplicarsi. Chiamiamo questa fede fondamentale "accordo categorico con l'essere"". L'accordo categorico con l'essere in questione, tende a cancellare ogni forma di negatività all'interno della vita degli individui, verbalmente o d'attitudine che sia. Proseguendo, in particolare, spiega come il vocabolo "merda" non venga mai citato da alcuna parte e, tantomeno, come gli uomini siano restii ad ammettere che, nell'arco della giornata, essi vadano al bagno. Soprattutto, nel momento in cui si trovano ad espellere i bisogni, ecco che questi chiudono la porta, celando il bisogno fisico incombente. Metafora tagliente e che, ammetto per prima, suscita un leggero imbarazzo nel discuterne, si noti come ciascuno è ben attento a chiudere la porta del bagno ogniqualvolta entri in società. Non solo pubblicamente ma, aggiungerei, anche all'interno della sfera privata. Se l'essere umano è una solitudine circondata da solitudini, prendendo spunto, ora, dall'ultimo romanzo dell'autore pubblicato nel 2013, "La festa dell'insignificanza", ecco che la paura di rimanere con sé stessi piomba nei rapporti sociali, accompagnata da una buona dose di risultare più convenzionali, all'ingroup, possibili. Le frequentazioni si susseguono, perdendo il conto delle sedie su cui ci si è poggiati assieme all'immancabile bicchiere, forse unico veicolo per tirare fuori una minima parte di ciò che si nasconde dietro all'accordo categorico con l'essere e, conseguentemente, uscire dal ripostiglio del Kitsch, Una volta varcata la soglia di casa, purché ancor lucidi o con un minimo di intenzione introspettiva, si tirano le somme. Posso reputarmi soddisfatto? Probabilmente, l'uomo Kitsch preso d'esempio evita di interrogarsene. Se, al contrario, lo facesse, non so cosa risulterebbe più doloroso. Compagnie cortesi, convenienti e convenzionali o una sincera, seppur pesante, solitudine? Davvero la compagnia può reputarsi soddisfacente in qualunque caso? Uno dei problemi che non viene mai preso seriamente in esame, personalmente, è la variazione dell'ideale e l'umanità come divenire. Un bambino conosciuto all'asilo, con cui ho stretto una profonda amicizia, potrà rimanere sempre nel cuore, ci mancherebbe altro, ma sia io che il bambino affronteremo esperienze vitali e percorreremo strade che porteranno a scindere il castello comune costruito in età infantile. Perlomeno, nell'esempio citato, si parla di una fase fondamentale e, contenuto nell'aggettivo, periodo in cui vengono gettate le fondamenta. Nel momento in cui ho costruito la mia casa e gli ospiti cominciano ad ammirarne o a criticarne l'arredo, è lì che dovrebbe partire un'analisi profonda dei rapporti intrapresi. Se Guest1 inizialmente adora il mio gusto, la mia cucina, la musica di sottofondo ma, col passare del tempo, diventa assuefatto da tutta la cornice, tanto da cominciare a scostarsene, sarebbe inutile continuare a proporgli appuntamenti settimanali. E viceversa. Arriva dunque il momento di aprire la porta a Guest2, 3 e così via. L'importante, in ogni caso, è saper riconoscere l'inizio e la fine di un rapporto sincero. Singolare è come questo venga trattato specificatamente in amore e, al contrario, tralasciato nei rapporti di conoscenza amichevole. Credo si dica gruppo informale proprio perché questo non debba avere forma: oggi sono l'architrave, domani una semplice mattonella. Finché l'edificio non viene smantellato e ricreato. Il pensiero, lo stile quotidiano proposto in modo generico. La storicità in sé. Divenire e nient'altro. Che senso avrebbe leggere un libro di storia se tutto restasse invariato? Non verrebbero certamente stampati, i libri di storia. Perché la gente fatica ad ammettere di essere un libro storiografico? Perché accontentarsi? Perché negare gli attimi vuoti? Qui arrivo al punto. Il problema relativo alla mia esistenza è collegato al riempimento della quotidianità abusando del vuoto periodico. Eccessi d'introspezione, preferire la compagnia del sé (ed eccomi ricaduta in un cliché alquanto usuale) senza necessitare di sembianze anticonformiste, hanno portato la mia persona a una riflessione pari a infinito, occupando così gli spazi di un bar, di un tavolo al ristorante o, semplicemente, di un volto altro. Questa non è però negazione-della-socializzazione: potrei definirla presunzione-nella-socializzazione, non-accettazione-di-chiunque. Attimi-qualitativamente-elevati. Nel dedicare gran parte dello spazio-tempo al sé, è possibile tendere all'esclusione e non dico del diverso, ma della noia, o meglio della noia-maggiore rispetto al tempo passato in solitudine. O in solitaria. C'è chi tiene a distinguere le due cose poiché rispettivamente pregne di significato. Sinceramente è ridicolo: qualsiasi incombenza o accadimento avvenuto nostro malgrado è doloroso. Se la solitudine è causata dalla perdita malgrado-noi, fa male. Altrimenti, solitudine e solitario possono considerarsi equivalenti - ma questa è un'altra storia -. Nel ricostruire pezzi attraverso il vuoto, ho limitato di molto le uscite, dedicato i fine settimana a riflettere attentamente su chi volessi vedere, nell'eventualità, in un appuntamento informale. Un po' come quando ti propongono di ascoltare la musica alla radio durante un viaggio in auto. Il guidatore, a prescindere, tende spesso a enfatizzare ciò che ascolta. Magari quelle note allontanano anni luce la tua visione dal posto di guida ma, cortesemente, ti trovi ad asserire. Ecco che, anche in tal caso, si distingue un rapporto-qualitativamente-elevato da uno più scadente. Affinché la reputazione d'importanza sia tale, avresti ammesso "mi fa schifo" seppur la banalità del topic. Di fronte all'asserzione a prescindere, torna l'accordo categorico con l'essere. Perciò, credo che non servano eccessivi momenti vuoti, tantomeno una socialità spasmodica. Kitsch e spontaneità possono entrare a far parte di un solo corpo, distinti da una linea maginot. Andranno così a costituirsi due categorie: rapporti convenienti e rapporti profondi. Non si equivarranno in numero, né di contatti e né di appuntamenti. Nel secondo, il receptionist comprende il momento più opportuno nel concedere una visita. Nel primo, ogni momento è buono per rendere leggero l'attimo di vuoto nostro malgrado. 


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