Unico nel genere

18.11.2020

Curioso. Lo è anche l'iniziare un discorso interiore con tale aggettivo. La curiositas, dicono, sia importante per la formazione di un individuo: interessarsi e aprirsi al diverso, all'altro, a nuove esperienze mai provate finora. Non nego, anzi, sottolineo la mia insita eccitazione ogniqualvolta si affacci, al mio cospetto, una spirale ignota, eppure colma di alternative al mio rettilineo quotidiano. Partiamo: oggi me ne vado ad aggiustare una vecchia chitarra, poi mi iscrivo al corso on-line per principianti, mentre rimugino sui miei vecchi studi musicali risalenti a circa quindici anni fa. E domani? Sì, beh, affiancherò la lettura di un romanzo di un genere che non mi appartiene alle corde di uno strumento a me sconosciuto, il tutto danzando sopra ai manuali accademici, a cui dovrei prestare principalmente attenzione, e battendo questi miei pensieri oscillanti con la mia immaginazione. Un'immagine pre-proiettata è importante nel costruire, successivamente, la base della concretezza. Fermando per un istante queste considerazioni spu(n)tate, da una parte a me sconosciuta della mente istantanea, mi chiedo il perché sia partita dal concetto di curiosità, nel ricalibrare il focus d'attenzione verso il mio intento originario. Il voler-saperne-di-più, o il semplice-voler-sapere, non è che sia, casualmente, il motore di ogni azione benevola o malevola di ognuno? Ho utilizzato d'apripista il mio costante interessamento a oggetti diversi d'arricchimento culturale e spirituale nella quoditianità. In realtà, tale voglia di conoscere, è la base di ciascun meccanismo sociale: dalle dinamiche scolastiche e/o lavorative, al gioco di squadra, le organizzazioni fino ad arrivare ai rapporti interpersonali. Ho bisogno di conoscerti per trarre le conclusioni, accettarti nel mio ingroup e decretare, così, la concessione o meno della mia fiducia nei tuoi confronti. Poche righe dove non è contenuto alcunché di significativo, sta bene. Costantemente, tali test di prova vengono proposti alla nostra persona e viceversa. Ho intenzione di dar vita a un entusiasmante progetto relativo ad X e, per far sì che si tramùti realmente come indicato dalle istruzioni contenute nella mia scatola cranica, ho bisogno che y, z, chiunque offra la sua disponibilità, segua determinati criteri. Ripeto, nulla a cui gli occhi del mio destinatario fittizio non abbia mai assistito. Abbandonando per un lasso di tempo, quanto basta, la superficie, immergendo perciò il corpo nelle acque torbide del pensiero, scivolando sempre di più verso il fondale colmo di simboli della linea temporale, ecco che la Storia - quella oggettiva e mai raccontata appieno, considerando che i manuali personali storici non vengono redatti e, qualora avvenisse il contrario, non sarebbero in toto fedeli poiché scritti da una mano estranea - illumina i perché riguardo a determinati modi, attitudini, scelte sociali. L'edificazione dell'io-odierno sui relitti in fondo al lago. Un po' come, l'eterno scorrere dell'individuo (considerato in divenire, senza specificarne la positività o la negatività), fosse una fontana in cui vengono gettate monetine alla ricerca della Fortuna. In tal caso, la fortuna non c'entra. La Sehenswürdigkeit in questione è un bacino naturale dove, una lancetta dopo l'altra, un'orma aggiunta alla riva, viene lasciato un frammento di passato e scivola nel liquido di enunciati, pensieri pesanti e aspettative, fino a scomparirne al di sotto. E la forma è l'io-odierno epocale. Ergo, reputo me stesso consapevole del mio io-odierno. Il problema della curiositas, riprendendo, è nelle interrelazioni. Qualsiasi tipo di rapporto presume un grado, più o meno specifico, di giudizio nei confronti dell'oggetto di interesse. Il decretare un'opinione è cosa usuale: basti pensare all'io-odierno. al me-mattutino di fronte allo specchio o ad una fotocamera interna. Il critico scrive una recensione. Seppur unico portatore della conoscenza della Storia personale, commetto il medesimo errore dell'altro-odierno, sovente, nel giudicarmi: esprimo pareri sulla base dell'aspetto. Tralascio tutto ciò che è celato dalla struttura, se magari quelle occhiaie sono dovute a una notte insonne dovuta a impegni di tipo lavorativo, o il capello è troppo debole per un periodo di particolare attenzione. Abbiamo tutti i nostri guai, Il risultato finale è che fai schifo. Se la recensione arriva a logorarmi, nonostante sia a conoscenza di ogni frangente che ha portato ogni difetto facciale o corporeo a esternarsi sull'io-odierno, come posso pretendere che il malcostume venga lentamente sradicato all'interno del contesto sociale? 

Unico nel genere. Un genere unico. Quando penso a me, non ragiono mai in termini anatomici. L'anatomia la lascio alle visite mediche e alle risposte nei documenti ufficiali. Sesso: M o F? F anatomica. F perché ho il seno, seppur poco, e più capelli, pochi anche quelli ma sicuramente maggiori, rispetto a M. F perché il mio nome usualmente viene utilizzato per gli individui di questo insieme e perché non riesco a fare la pipì dietro a un albero in piedi. Sembra che non mi piaccia far parte del contenitore F, in questi termini. Nell'infanzia, poiché i miei migliori amici appartenevano alla squadra M, ne soffrivo a morte. Non approfondisco oltre; intelletti di ben più alto spessore, rispetto al mio, hanno già indagato a riguardo. Quello che mi preme sottolineare è come, nella contemporaneità, l'anatomia venga ancora usata come strumento di manipolazione. Nel lavoro, nei media. Nella pura e semplice trattazione. Parlo di individualismo in termini di esaltazione della persona-personale, della costruzione di capacità intellettive, emotive e pratiche relative al mio io e prescindendo dal mio sesso. Io si rapporta a te poiché entrambi individui, parlanti e attivi socialmente. Nel dipanare tale filo del discorso, credo, che il mondo virtuale renda in parte liberi. Sono uno schermo al tuo stesso modo. Uscendo dallo schermo, seppur il periodo attuale ne richieda più disponibilità del solito, l'uomo/donna diviene meno flessibile e più attaccato al suolo. Esce dal guscio e offre all'altro, nient'altro che, se stesso. Eppure, mi permetto un'annotazione: non offre se stesso-totalmente, ma una persona-quanto-basta. Arriva il suono della campanella, o il giorno del colloquio di lavoro. L'io-odierno è pronto a sedersi e a ricevere la prima ammonizione. Un orecchino, il colore della capigliatura o un abbigliamento poco consono. L'abbigliamento e il terzo millennio: l'era dove, in passato, si immaginava che la Terra venisse invasa dagli Ufo e che le auto volassero. L'io-odierno viene richiamato poiché non corrispondente a canoni inseriti in un regolamento trasparente e al contempo radicato nella mente sin dalla nascita. La prestazione, la valutazione delle competenze e il bagaglio culturale e sociale sono parti dell'arredamento interno. La facciata risulta logora ed ecco che arriva il giudizio negativo. Bocciato. Come un capo consunto, vengo gettato nel bidone della spazzatura nell'attesa di essere portato via dal netturbino. In questo caso, l'operatore ecologico è il Giudice tra i protagonisti di una mia precedente digressione. Fortunatamente, i rapporti escono dall'istituzione e vanno a trasferirsi in locali pubblici, serate leggere e chiari di luna. Eppure, dipende dalle mosse che l'io-odierno prepara nell'affrontare la partita più dura. Poiché, ai luoghi istituzionali, è perlomeno concesso un grado asimmetrico di formalità. Nelle relazioni informali è tutto a libero giudizio dell'interlocutore e sta nella sua curiositas criptare il codice interiore di ognuno. Il motivo per cui ho parlato, poc'anzi, di anatomia? Per ricacciarmi dagli stereotipi di genere. Voglio essere messa al bando per stregoneria dopo aver incendiato un intero bosco fitto di banalità, supposizioni e considerazioni volatili. Ridere con persone della categoria M ed F in contemporanea, disinteressandomi del loro stato civile. Piangere con essi e tagliando, insieme, la linea che separa i due contenitori. Perché i doppi fini, le conclusioni aperte, gli stereotipi, non appartengono a un'interlocuzione sana. I sentimenti negativi appartengono agli individui con scopi tali, a prescindere dall'io anatomico. Voglio poter dirmi unico, in un unico genere. 


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